Caro Francesco, venticinque donne scrivono al Papa
Venticinque donne di età, storie tra loro tanto diverse ma accomunate da un coraggioso impegno per la pace e i diritti umani, hanno voluto offrire a papa Francesco un personale contributo di idee e di utopie, per la Chiesa e per l mondo sicure che lui ne saprà tenere conto.
Giovedì 15 Maggio presentato il libro a Caserta.
Di seguito alcuni spunti delle lettere scritte al Papa dalle sei relatrici presenti all’incontro:
AMBIENTE di Maria Carmela Caiola
Caro papa Francesco,la mia storia, personale e di ambientalista, cambiò con l’omelia, durante il Te Deum del 31 dicembre 2000, del Vescovo di Caserta, il padre Raffaele Nogaro, che scelse quell’occasione per lanciare alla città l’allarme su possibili speculazioni nel MACRICO. Una vasta area verde, nel centro della città di Caserta, di proprietà dell’Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero, dal dopoguerra in fitto al Ministero della difesa e dismesso dagli usi militari alla fine degli anni ’90.Condividendo la preoccupazione del Vescovo Nogaro, immediatamente il volontariato casertano si mobilitò, costituendo il Comitato pro area Macrico, al quale aderirono circa 40 Associazioni.Cominciò così una lunga battaglia, ancora in corso, per un parco pubblico che, sottraendo l’area agli speculatori del cemento, restituisse un bene comune alla città, così devastata dalla cementificazione selvaggia.
“Se l’uomo si degrada, si degrada l’ambiente in cui vive”, le parole di Benedetto XIV sintetizzano lo stato del nostro territorio, conosciuto ormai come TERRA DEI FUOCHI….“Il coltivare e custodire non comprende solo il rapporto tra noi e l’ambiente, tra l’uomo e il creato, riguarda anche i rapporti umani. Quello che comanda oggi non è l’uomo, è il denaro”. Caro papa Francesco, queste tue parole ci sono di conforto e ci danno speranza.
LIBERAZIONE di Daniela Esposito
Tu caro Francesco con il tuo nome, suggerisci con tenera forza, che al centro debba esserci la liberazione dalla povertà. Ma chi sono i poveri? Sono anche coloro che soffrono per l’emarginazione, per l’esclusione, per la violenza, perché non hanno scelto la loro condizione, né hanno scelta in essa. Il vescovo Tutu denunciava un’umanità mutilata del contributo di una sua parte, dunque un’umanità meno umana. Creati con due gambe, il femminile e il maschile, ancora ci ostiniamo a zoppicare mantenendo il femminile sull’uscio di una umanità intera, in “servidumbre”, come tu stesso hai detto.Caro Francesco, dal suo primo al suo ultimo passo Gesù ha camminato con le donne, amandole forse per quella “sensibilità particolare per le cose di Dio” che tu stesso ci hai ricordato, senza chiuderle fra steccati, ma apprezzandone la diversa e molteplice disposizione interiore.Nonostante la straordinarietà dell’annuncio evangelico veicolato attraverso le donne, esse continuano ad essere “povere”. La quotidianità continua a raccontarci la strage di donne uccise dalla fragilità maschile, sempre più spesso incapace di tollerare una relazione senza possesso e prevaricazione e la difficoltà per le donne a trovare un equilibrio tra la cura di sé e l’altro, dove la seconda più spesso è prioritaria alla prima. Tutti sono disposti a riconoscere, tu non hai mancato di rilevarlo, che sia urgente affrontare la ridefinizione del ruolo della donna nella Chiesa, per la Chiesa e per la stessa umanità.
MEMORIA di Virna di Martino
Ci sono giorni in cui è facile, giorni in cui passato e presente si danno la mano e si sorridono, e i pezzi della vita si incastrano fra loro, combaciano e sembrano attendere fiduciosi e consapevoli i giorni che verranno. E ci so no giorni i n cui la memoria resta schiacciata su di sé, è “incessante e fatta di nuvole e polvere (G. Ungaretti).Da cristiana vorrei avere una sola storia da raccontare, fatta di due fili intrecciati, la croce e la risurrezione. E l’orizzonte a cui guardo, e che non so se saprò raggiungere, in questo moneto di incubazione, attese e sconforti.Vorrei resistere alle tentazioni, diverse, di dimenticare la croce e togliere senso alla risurrezione; e di dimenticare la resurrezione e restare, anche dopo i tre giorni a fissare la morte dimenticando la promessa di vita.Poi qualche sera all’improvviso mi passa, sfocato, il pensiero che per conciliare questa “due memorie” devo imparare ad aspettare e che memoria e pazienza non possono seguire strade separate.
POVERI di Suor Rita GiarettaCaro papa Francesco,tu non ti stanchi di desiderare, di annunciare e di manifestare “una Chiesa povera e per i poveri”…….Credo che questo nostro tempo sia il “tempo favorevole” per un autentico cammino evangelico che ha la forza di rendere presente e credibile “una Chiesa povera e per i poveri”, ma questo cammino potrà avanzare nella storia, e ne sono fermamente convinta, solo se le donne vi faranno parte con piena e pari dignità, non da ‘serve’ ma da discepole o meglio ancora da amiche perché è a questo che Gesù ci chiama “Non vi chiamo più servi [….] ma amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi”(Gv 15,15.Caro papa Francesco, tu hai detto che vorresti una Chiesa che fosse oggi come “un ospedale da campo”. Un’immagine, questa, attraente, provocante e direi profetica….Ma con sensibilità femminile sento di osare anche un’altra immagine che sento complementare e necessaria. Come vorrei che la Chiesa nelle sue varie espressioni fosse come una “sala parto” dove l’accoglienza degli innumerevoli sepolcri che rinchiudono oggi le tante vite spezzate possano trasformarsi in grembi fecondi capaci di rigenerare vita e speranze sempre nuove.I poveri attendono di essere medicati e fasciati, di sentirsi curati, ma anche e soprattutto di essere liberati e rigenerati, di sentirsi salvati. I volti dei poveri, come i tanti volti delle giovani donne migranti in accoglienza nella nostra Casa Rut, attendono e chiedono di essere restituite alla loro bellezza, alla loro dignità di figlie e figli di Dio.
PROFUGHI di Redengode Nizigiymana
Per l’Europa e per l’Italia non è più rimandabile l’adozione di politiche migratorie che mettano al primo posto, e, assicurino in maniera effettiva, la salvaguardia della vita e dei diritti umani.L’accoglienza è una questione di civiltà. Dobbiamo prendere atto che la civiltà occidentale tenderà sempre più a diventare eterogenea e meticcia: certo questo processo in cui vengono a contatto culture tanto diverse, non è indolore; ma è necessario rispettare i diritti umani e offrire un’accoglienza democratica e aperta, senza venire meno a tutti i principi dello stato di diritto. Il futuro umano è il meticciato.Occorrono interventi e investimenti nelle terre d’origine, perché nessuno ama lasciare la propria patria e i familiari. Aiutare i poveri a vivere una vita degna in casa loro è la scelta politica di un’Europa generosa e lungimirante. Caro papa Francesco, insegna tu, che non sei italiano, a tanti italiani che le parole clandestino ed extracomunitario non so no degne per definire un essere umano. Non erano aspiranti “clandestini” le centinaia di profughi affogati nel Mediterraneo. Erano solo madri, padri, figli, figlie, sorelle e fratelli, tanti volti, tanti nomi, una sola speranza: poter vivere.
style="color: #993300;">SPERANZA di Titti Malorni
Caro Francesco,ti scrivo da una terra difficile, la tristemente nota “terra dei fuochi”, balzata alla ribalta relativamente da poco rispetto ai decenni da cui perdurano i mali che hanno avvelenato le nostre vita e le nostre coscienze e che noi, abitanti di queste zone, ci portiamo tutti addosso. Una terra in cui la speranza deve alimentare le nostre vite, per non farci chiudere gli occhi e il cuore di fronte a quanto è accaduto e continua ad accadere. Io e tante altre persone non abbiamo chiuso gli occhi né il cuore, né siamo caduti nella fatalistica accettazione che le cose non si possono cambiare, ma ci siamo rimboccate le maniche e sporcate le mani.Occorre essere persone tenaci per non scoraggiarsi in una simile realtà: le nostre battaglie per la legalità e i diritti dura no da vari decenni e ancora ci troviamo davanti agli stessi problemi, ma come dici tu, “le sfide esistono per essere superate, ma senza perdere l’allegria, la tenacia, la dedizione piena di speranza” (Evangelii Gaudium).Caro papa Francesco, anche io credo, come tu dici, che “il bene tende sempre a comunicarsi: ogni esperienza autentica di verità e bellezza cerca per se stessa la sua espansione, e ogni persona che viva una profonda liberazione acquisisce maggiore sensibilità davanti alle necessità degli altri”.La grande speranza è che questo “bene” contagi tutti coloro che operano nelle varie Istituzioni … e che anche la Chiesa, come Madre dal cuore aperto sappia avvicinare, accogliere e accompagnare tutti perché, come ci ha insegnato il nostro vescovo, Raffaele Nogaro “la vita dell’Uomo è la compagna di Dio. E’ bella ed eterna come Lui”
Flash dal Salone del Libro di Torino. 11 Maggio 2014
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