E' Natale quando sappiamo dire grazie

E’ Natale quando sappiamo dire grazie

E’ Natale …anche quando sappiamo dire Grazie!

Grazie è una parola semplice, piccola, breve, piena di umanità.
Ringraziare dovrebbe essere l’anima di ogni relazione. In passato era una delle prime cose che i genitori insegnavano ai loro figli: “dirgli grazie!”. Oggi la “gratitudine” è forse una delle virtù più rare. E’ vero che in una giornata diciamo spesso grazie, ma tante volte è più un’abitudine che un vero gesto di riconoscenza. Spesso pensiamo che tutto ci sia dovuto.
Anche quando ci rivolgiamo a Dio il più delle volte abbiamo da “chiedere”. Raramente da “ringraziare”.

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grazie a chi, osando la speranza, ha donato questo bellissimo kangoo alla cooperativa newhope

Ma perché è importante saper dire grazie”? Perché dicendo grazie riconosco che non mi ritengo superiore a nessuna/o e che invece ho bisogno degli altri. Quando dico grazie prendo coscienza che non posso fare tutto da sola/o, che devo imparare anche a ricevere, a domandare.

Il “dire grazie” esprime uno dei bisogni più profondi della persona.Gratitudine è sinonimo di riconoscenza. E’ il contrario dello scambio, del mercato.
La riconoscenza mi fa uscire dalla logica dei diritti e dei doveri e mi fa entrare nella logica dell’amore. Quello che ti ho dato, che ti ho regalato, l’ho fatto esclusivamente perché ti voglio bene e non pretendo nulla in cambio.

C’e una parola nel Vangelo di Luca dove Gesù fa proprio l’elogio del “ringraziare”. Anzi collega il “dire grazie” al vero atteggiamento di “fede”.
Infatti dopo aver guarito dieci lebbrosi ed essersi meravigliato che uno solo ritorni a ringraziare, solo a lui dice: “La tua fede ti ha salvato”.Perché Gesù lo dice a uno solo? Non erano stati guariti tutti? Il Vangelo è pieno di guariti. Di pochi invece si dice che sono anche “salvati”. Per Gesù la vera guarigione non è soltanto quella fisica. E’ soprattutto quella interiore: la guarigione dalla lebbra dell’ingratitudine. Dall’arroganza del ritenere che sono io il centro di tutto e che tutto mi è sempre dovuto e non ho mai bisogno degli altri. Sono sempre io sul piedestallo. Sono io che dono e che faccio qualcosa per gli altri.

Per Gesù aiutare un ammalato è importante, ma lo è ancora di più lasciarsi curare dall’altro.Il dare è un gesto di grande umanità, ma il ricevere è ancora più meritorio.Soltanto uno dei lebbrosi ha sperimentato il vero miracolo, quello della gratitudine.I nove guariti trovano la salute, il samaritano trova la salute e la fede.Per Gesù la fede dei nove era la fede della religione del “io ti do, tu mi dai”.Tu, o Dio, mi dai la guarigione, io faccio un’offerta al Tempio e così sono a posto. Uno solo (proprio lo straniero), non si accontenta della guarigione del corpo. Ha bisogno di qualcosa di più profondo.

Ha bisogno di ringraziare, ha bisogno di relazioni. Ritorna per incontrarsi con colui che lo ha guarito.Per il samaritano, prima di andare dai sacerdoti al Tempio per rispettare una legge è più importante andare a ringraziare la persona che lo ha guarito. Non si accontenta delle regole e delle leggi della religione. Ha bisogno della “fede”, cioè del cuore, della passione, della tenerezza, dell’affetto.

E’ l’incontro che salva. Il vero miracolo è la relazione. Ciò che cambia la vita è il dialogo, l’ascolto, l’aiutarsi reciprocamente.Quel lebbroso che torna da Gesù ci insegna che forse la vera fede nasce proprio da un gesto molto semplice, da un grazie sussurrato timidamente ma con amore.